“Una delle principali esternalità positive collegate al modello socioeconomico dei Vignaioli Indipendenti Italiani è dato dal fatto che l’81% dei vigneti coltivati da questi produttori si trova in collina e in montagna, rispetto al 60% della media italiana, vale a dire in quelle aree interne sempre più soggette a spopolamento e a rischio idrogeologico. Zone dove, per altro, l’uva da vino rappresenta una delle poche produzioni agricole ancora in grado di dare reddito a chi la coltiva”- ha evidenziato Denis Pantini, Responsabile Nomisma Wine Monitor, illustrando la ricerca commissionata dalla FIVI (Federazione dei Vignaioli Indipendenti) per conoscere meglio i propri associati.
E’ un aspetto, quello del presidio attivo delle aree interne del nostro Paese a maggior rischio di abbandono e di spopolamento, da valorizzare sempre di più visto che il radicamento nei territori collinari e montani si accompagna l’attenzione alla sostenibilità e alla valorizzazione dell’enoturismo. In sostanza si tratta di una presenza strategica nei nostri territori più difficili senza la quale il nostro equilibrio ambientale, già fortemente intaccato per gli effetti del cambiamento climatico, sarebbe ulteriormente sguarnito da chi ostinatamente coltiva la terra e si adopera per la manutenzione dei paesaggi.
Secondo la ricerca –basata sulle risposte di circa 500 aziende su 1735 associate– il vignaiolo FIVI ha poco più di 10 ettari di vigneto, 75 tonnellate di uva auto-prodotta e una media di 38 mila bottiglie vendute ogni anno.
Si tratta di una filiera totalmente integrata, dalla vigna alla cantina, fino alla commercializzazione dei propri vini. “Un modello di impresa vitivinicoltura che esprime risvolti positivi anche a livello sociale -ha aggiunto Pantini- dato che il 30% dei lavoratori è impiegato a tempo indeterminato (contro il 10% della media italiana in agricoltura), il 28% è di origine straniera (rispetto al 19% della media nazionale) e il 33% è donna, a fronte del 26% della media dell’agricoltura italiana”. Inoltre il modello produttivo esprime valori importanti, non tanto in termini assoluti -circa 300 mln di euro- quanto unitari. Infatti il prezzo medio della bottiglia di vino venduto dai produttori FIVI è più che doppio rispetto alla media italiana (7,7 euro contro 3,6) contribuendo così a sostenere il valore dell’intera filiera.
Dall’indagine Nomisma- Wine Monitor emerge che per quanto l’Italia rappresenti il mercato di elezione dei produttori FIVI (e l’Horeca il canale principale), l’estero occupa un posto importante. Il 71% esporta mentre un altro 23% ha intenzione di farlo nei prossimi anni. E se gli Stati Uniti rappresentano oggi il principale mercato estero di sbocco, presto anche altri mercati extra-Ue diventeranno sempre più strategici, in particolare nell’area asiatica. La difficoltà maggiore all’ampliamento della presenza nei mercati esteri è dovuta alla restrizioni e ai numerosi vincoli burocratici che di fatto impediscono l’accesso ai fondi OCM per la promozione tanto che solo il 14% dei soci FIVI ne ha potuto beneficiare.
L’attenzione alla sostenibilità – produttiva, ambientale e sociale- è massima. Negli ultimi due anni il 71% delle aziende intervistate ha realizzato azioni finalizzate alla sostenibilità ambientale (dall’utilizzo di packaging sostenibile al contenimento dei consumi di acqua e delle emissioni) mentre un altro 24% lo farà, mentre una impresa su due produce vini biologici e un 20% è certificato sostenibile. Nel complesso, per i Vignaioli Indipendenti, la sostenibilità rappresenta in primis un dovere e una responsabilità, prima ancora che un costo da sostenere.
Infine oltre l’80% delle aziende associate offre servizi per gli enoturisti, in particolare visite guidate con degustazioni. I ricavi derivati dai servizi enoturistici incidono per il 23% sul fatturato complessivo dei ‘vignerons’ (contro una media nazionale del 18%), evidenziando in tal modo una differenziazione delle attività in grado di valorizzare ulteriormente la produzione vinicola delle aree interne.
Il 46% dei turisti che annualmente visitano tali aziende sono di origine straniera, un altro fattore di sviluppo che, se rafforzato e ulteriormente valorizzato, può contribuire alla riduzione di quell’overtourism che negli ultimi anni sta portando effetti negativi negli equilibri sociali delle città italiane.
Tra le criticità segnalate secondo un produttore FIVI su due, la gestione dei costi e l’efficienza dell’organizzazione aziendale (messa a dura prova dai cambiamenti climatici e dalla difficoltà di reperire manodopera) e il fardello della burocrazia, rappresentano le sfide più difficili da vincere, così come l’evoluzione dei consumi e l’inasprimento della concorrenza, in particolare di quei vini più economici (spesso anche di minor livello qualitativo) che in momenti di congiuntura negativa, come quella attuale, rischiano di penalizzare i prodotti di qualità.
In conclusione, il modello socio-economico dei Vignaioli Indipendenti offre un importante contributo alla tenuta e valorizzazione del vino e dei territori vinicoli del Bel Paese.
“Era da tempo che sentivamo il bisogno di scattare una fotografia più chiara della nostra base associativa- spiega Lorenzo Cesconi, vignaiolo e Presidente FIVI. “Grazie alla preziosa analisi svolta da Nomisma, abbiamo la conferma del ruolo dei Vignaioli nella filiera vitivinicola italiana: aziende di medio-piccole dimensioni, spesso a conduzione familiare, radicate sul territorio e capaci di creare valore ed esternalità positive lì dove operano; impegnate non solo nella produzione di vino di qualità, ma nella tutela del territorio e nella conservazione del paesaggio rurale italiano. Alla politica, in Europa e in Italia, chiediamo semplificazione, snellimento burocratico, innovazione normativa a favore della micro, piccola e media impresa, e soprattutto una strategia chiara nella politica vitivinicola”.
Matilde Poggi, Presidente CEVI – Confederazione Europea Vignaioli Indipendenti: “Colgo in questa ricerca tanti spunti utili a formulare istanze da portare alle istituzioni europee, in primis la necessità di rendere accessibili a tutti i vignaioli, anche i più piccoli, ogni misura di sostegno, come ad esempio gli aiuti alla promozione paesi terzi; abbiamo visto da questo studio come le piccole aziende che FIVI rappresenta non accedano a questa misura, pur avendo una buona propensione all’export. Abbiamo colto dal Commissario designato Hansen la necessita per il settore di un impegno verso la sostenibilità: le aziende dei Vignaioli Indipendenti sono in linea con le richieste ma occorre una semplificazione anche nel sistema delle certificazioni, spesso troppo onerose per aziende di queste dimensioni”.
Andrea Gabbrielli
Romano, giornalista e scrittore, dal 1989 è stato caporedattore della guida Vini d’Italia e dal 1992 caposervizio del mensile Gambero Rosso. Dal 1996 è libero professionista. Vincitore di vari premi giornalistici nazionali e internazionali, autore di libri e trasmissioni televisive, è giurato nei concorsi internazionali Mondial de Bruxelles e Mundus Vini.