Uno dei modi più sicuri che conosciamo per immergersi pienamente in un territorio e nelle sue tradizioni è quello di “mangiarlo” (e “berlo”), ossia quello di approfittare delle esperienze gastronomiche che ci può regalare.
Siamo in piena estate e qualora vi trovaste in Langa sapete bene di avere l’imbarazzo della scelta: tra piccoli borghi di interesse culturale, castelli in ogni dove e vigneti a perdita d’occhio; anche l’UNESCO ci ha messo lo zampino inserendo i Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato nella lista del Patrimonio Mondiale.
Quindi la ricchezza vitivinicola è considerata chiave di volta, assieme all’offerta gastronomica locale, per proporsi nel migliore dei modi ai turisti in visita.
Tra le tante piccole gioie gastronomiche di cui potrete godere c’è senza dubbio da segnalare una ricetta della cucina contadina tipica piemontese: il tonno di coniglio.
Il tonno di coniglio è una preparazione tipica del Monferrato ma diffusa e conosciuta in tutto il Piemonte di cultura agricola, che si può gustare anche freddo in estate.
La tenera consistenza della carne di coniglio e le sembianze che assume dopo essere stata sottoposta ad una lunga cottura sono caratteri che lo avvicinano a quelli del tonno (da qui il nome della ricetta).
L’aromaticità donata dagli ingredienti utilizzati, in particolare dall’olio e dalle erbe aromatiche e dalle spezie impiegate per la conservazione in contenitore di vetro, e la grassezza indotta nel piatto, chiamano in terra langarola l’abbinamento con i profumi e la freschezza gustativa della Barbera d’Alba. Si può, tra le altre, scegliere quella prodotta da Amalia Cascina in Langa dalla famiglia Boffa a Monforte d’Alba: la sua connotazione fruttata e lievemente speziata, veicolata dalla fragranza intrinseca del vitigno, sia sul piano olfattivo sia sul piano gustativo, e la sua tenacia acida e il suo contributo alcolico costituiscono un buon contraltare a questo piatto di media struttura, in cui c’è necessità di sgrassare e asciugare il palato per prepararlo ad un nuovo goloso boccone.
Segnaliamo, per chi volesse approfondire origini e storia del tonno di coniglio, un esaustivo e interessante contributo pubblicato sul blog del Ristorante Solferino di Torino a firma Mario Antonaci che riportiamo qui di seguito.
***
“Il tonno di coniglio è una ricetta tipica del Monferrato e dell’Alta Val Tanaro, è un piatto estivo che si presta molto bene ad essere mangiato freddo.
Il suo gusto è incredibilmente armonioso e rotondo e la consistenza della carne cotta con gli aromi e conservata sott’olio cambia diventando del tutto simile a quella del tonno.
Ci sono varie ricette nella tradizione piemontese, e come ogni ricetta di origine contadina tutte hanno le loro radici nella tradizione famigliare. Una costante è la presenza di aromi in cottura, tipicamente dell’alloro, e la sfilacciatura delle carni cotte a mano per evitare la lacerazione netta del coltello.
Nella conservazione sotto vetro nell’olio, buonissimo e di altissima qualità, si inseriscono poi ancora nuovi aromi, tra cui tipicamente è presente il pepe e l’aglio.
Naturalmente, nella preparazione non c’è traccia di tonno: la ricetta deve il suo nome al metodo di preparazione e conservazione della carne, del tutto simile a quello del tonno e di altri pesci conservati sott’olio con aromi in barattoli di vetro.
E’ un piatto che va cucinato almeno con un giorno di anticipo e può essere servito come antipasto, accompagnato da giardiniera in agrodolce, o come secondo piatto, insieme con un’insalata di misticanza o di valeriana.
Il tonno di coniglio veniva eseguito da contadini in piena estate con il gran caldo, quando si raccoglieva il grano. C’era la necessità di un cibo fresco, già pronto e non dispendioso e perciò si usava il coniglio sia selvatico sia allevato, ma che era molto prolifico. Essendo un piatto povero a seconda della disponibilità, a volte veniva cucinato con la gallina al posto del coniglio.
Il tonno di coniglio è una ricetta tipica della cucina piemontese contadina. In passato, quando nelle cascine venivano macellati i conigli, non esistendo i frigoriferi e vennero inventate ricette per conservare più a lungo la carne.
Leggenda vuole che il curioso nome sia frutto di un ‘inganno’ dei frati di un convento di Avigliana, nel Torinese. Si dice che nell’Ottocento i frati, per aggirare il digiuno quaresimale, dove le regole erano molto rigide, immergessero conigli (e pure galline) nell’olio per poterli ribattezzare col nome di “tonni” e poterli quindi mangiare senza fare peccato.
La Bibbia vede il coniglio come una carne impura e ancora oggi ebrei e mussulmani la considerano così.
Infatti nella religione ebraica la kasheruth descrive l’insieme delle regole alimentari e contempla, oltre alla distinzione tra animali permessi e animali proibiti, anche alcuni divieti e tra questi troviamo il divieto di mangiare carne di quadrupedi che non hanno lo zoccolo diviso (ed es. il coniglio, il maiale)
Nel Corano invece non è permesso cibarsi di animali che possiedono zampe o denti canini. Esempi di questo tipo di animale che a volte vengono mangiati dagli uomini sono i cani, conigli, elefanti e scimmie.
Dei primi allevamenti ce ne parlano i Romani descrivendo recinti dove venivano allevati grandi quantità di conigli che servivano per i loro banchetti, a questo riguardo si può ricordare che i coniglietti appena nati erano considerati una prelibatezza nei giorni di festa, questo piatto chiamato “Laurices“ veniva molto apprezzato anche dai frati fino al medioevo. In seguito il coniglio diventa un’ambita preda per i cacciatori, per questo veniva allevato e poi lasciato libero in occasione delle partite di caccia.
I conigli degli antichi erano di razza selvatica, catturati e poi fatti crescere nei recinti.
La domesticazione vera e propria del coniglio cominciò nel Medioevo. Gregorio di Tours riferì che papa Gregorio I autorizzò il consumo di conigli durante la Quaresima e ciò portò ad uno sviluppo dell’allevamento nei monasteri, dove i conigli venivano tenuti in gabbie, questo si ricollega anche alla legenda citata su Avigliana.
Il coniglio domestico ha origini recenti, basti pensare che il primo mattatoio italiano per conigli è stato aperto nel 1874 proprio a Torino.
Per eseguire la ricetta con materia prima di eccellenza si può utilizzare il Coniglio Grigio di carmagnola che con la gallina Bianca di Saluzzo e quella Bionda Piemontese, tra i gioielli della biodiversità Piemontese. Dal 2008 il Coniglio Grigio di Carmagnola è presidio “Slow Food”.
I conigli grigi di Carmagnola sono allevati in piccoli nuclei, con sistema estensivo familiare, a terra o in gabbie di legno e alimentati con erba e fieno e scarti di cucina. Il coniglio grigio viene utilizzato in genere solamente per il consumo familiare. Solo raramente, in casi di eccedenze, questo coniglio è venduto sul mercato.
I capi sono commercializzati ad un peso e ad un’età leggermente superiori agli altri conigli. In questo modo le carni sono più mature e sapide e, pertanto, risultano particolarmente apprezzate dal consumatore.
Il Coniglio Grigio di Carmagnola viene allevato seguendo un rigido disciplinare di produzione istituito dal Consorzio delle razze avicunicole piemontesi. Nelle sue linee guida essenziali viene richiesto agli allevatori di garantire un alto benessere animale, un’età minima di 105 giorni e un peso alla macellazione non inferiore a 1,9 kg.”
Per ingredienti e modalità di esecuzione affidatevi all’interpretazione che più vi ispira:
http://ricette.giallozafferano.it/Tonno-di-coniglio.html
http://www.salepepe.it/ricette/antipasti/carne/tonno-coniglio/
Giornalista, Sommelier, ha lavorato al Gambero Rosso per oltre 10 anni come giornalista, degustatrice per la Guida ai Vini d’Italia, autore e regista dei servizi televisivi per il Gambero Rosso Channel, autore di libri su vino, cucina e turismo. Ha partecipato al progetto di rilancio del brand Franciacorta e nel 2006 ha fondato Vinotype, un’agenzia di comunicazione specializzata per le Aziende vitivinicole. Nel 2010 ha lanciato il magazine on line Vinotype.it.