Sicilia. Era la fine di luglio del 1831 quando nel tratto di mare tra Sciacca e l’isola di Pantelleria, tra scosse di terremoto ed eruzioni sottomarine, si levò un cono vulcanico alto 65 metri che con un perimetro di quasi un chilometro andò a formare un’isola. Il caso divenne internazionale, Francesi, Inglesi e Borboni si precipitarono sul posto e se ne disputarono la proprietà. Ferdinando II di Borbone la spuntò, rivendicando l’isola come parte del regno delle Due Sicilie, dandole ufficialmente il nome di isola Ferdinandea. Ma la nuova terra, ribelle, beffò i potenti del mondo e, così come era nata, in poco più di sei mesi si inabissò di nuovo nelle acque di Sicilia. Ora la cima di quel vulcano appena placato giace a 9 metri sotto il livello del mare, ma potrebbe anche risvegliarsi, e riportare in vita la terra mai concessa.
Così si guarda a quel mare con un senso di nostalgia, parafrasando Sciascia nel suo racconto Il mare colore del vino: “…la donna che si incontra per qualche ora e con la quale si vive, in quelle poche ore, tutta una vita”.
Nel calice una storia di oggi
Quella di oggi è la storia di Serra Ferdinandea, un’azienda fondata dalle famiglie Planeta e Oddo. Planeta, icona del vino siciliano, madre del suo rinascimento e figlia consapevole del suo territorio straordinario, si incontra e condivide le sue visioni con quelle della Oddo Vins e Domains, francese, con la mission di fondare nuove aziende vinicole, anche fuori dai suoi confini, e solo di eccellenza. Le due famiglie, unite in modo paritario, hanno dato vita ad un progetto che per Planeta rappresenta anche la volontà di farsi polo di attrazione per la Sicilia di imprenditori e progetti di respiro internazionale.
Nasce così nel 2021 questa nuova azienda pensata su misura per un luogo vergine -terre mai state coltivate dall’uomo-, in modo sostenibile – a regime biodinamico- che si estende per 110 ettari in prossimità di Menfi, nel tratto di terra che sale da Sciacca verso le colline in direzione Sambuca di Sicilia.
L’intera proprietà si estende dal mare a creste rocciose che, alternate da pianori, assumono la conformazione a “sella”, in dialetto siciliano “serra”, da cui il nome Serra Ferdinandea.
Guardando a sud si scorge il tratto di mare dove si cela la leggendaria Isola Ferdinandea.
Per poterla vedere nella sua estensione, dopo aver percorso in auto un lungo tratto di sterrata bianca, bisogna fare ancora un breve percorso a piedi tra gli arbusti. Si arriva su una sorta di piazzola panoramica ricavata a cavallo della “sella” sulla collina più alta -laddove nemmeno Google la geolocalizza- da dove si percepisce il senso di una natura incontaminata dalla bellezza selvaggia e austera, si “toccano” i terreni brulli esposti a un sole che non perdona, se non fosse per i venti in entrata da nord con il maestrale e da sud con il libeccio e lo scirocco che si incrociano che ne mitigano gli effetti sulle colture.
La biodiversità
Da quell’altura si distinguono i vigneti, per ora 17 ettari incastonati in 60 di foresta mediterranea, composti dalle varietà siciliane del Nero d’Avola e Grillo, e francesi del Syrah e Sauvignon Blanc, a sancire l’unione delle due famiglie.
Ai vigneti si affiancano 10 ettari dedicati alla coltivazione di ceci, di fichi bianchi e di grano della varietà Perciasacchi, 50 arnie per l’ospitalità dell’ape nera sicula e un pascolo per diversi capi di bovini allo stato brado.
Quale posto migliore di quella piazzola immersa nel sole di un’azienda improntata all’integrazione con la natura, per assaggiare il primo dei tre vini che vengono prodotti, il Rosato Sicilia Doc dell’annata 2023, 13.000 bottiglie da Nero d’Avola in purezza.
Il suo colore parte da un bianco che vira in una impercettibile sfumatura rosata -è la scelta di un’azienda che guarda verso la Provenza- ottenuta grazie ad una pressatura a grappolo intero dell’uva con separazione istantanea dalla buccia. Fermenta in acciaio ed è pronto dal gennaio successivo alla vendemmia. E’ un vino dove il vitigno e le marne calcaree nelle quali affondano le radici giocano le loro carte in termini di rotondità, grassezza e struttura, freschezza e sapidità, lasciando la bocca succosa e pulita, con ritorni fruttati.
Il bicchiere chiede compagnia, e non c’è niente di più adeguato della “merenda contadina” che ci aspetta: un panino a base di ricotta di un produttore della zona -Palermo è il suo nome- servita con il miele della Tenuta prodotto dalle api nere sicule. Questa varietà, che ha popolato per millenni la Sicilia, fu sostituita negli anni ’70 con specie che richiedevano un più agevole accompagnamento nella produzione, ed ha rischiato l’estinzione. Recuperata agli inizi del 2000, oggi è un presidio Slow Food, ma soprattutto è a portata di cucchiaino. Di legno ovviamente.
A tavola, con piatti semplici e antichi
I vigneti sono alternati a coltivazioni di fichi, grano, sulla e soprattutto ceci, un prodotto che fa parte della tradizione dell’isola, ingrediente base del panino tipico: “pane e panella”, in attesa di essere divorato, al fresco della sala dell’edificio di accoglienza della tenuta.
Le panelle sono frittelle di farina di ceci, che vanno a riempire il panino tondo. Originariamente l’impasto di acqua e farina di ceci veniva steso su tavolette di legno intagliate a forma di pesci, venivano poi fritte nello stesso olio utilizzato per friggere del pesce per prenderne l’aroma. Questo panino goloso sarà accompagnato dal Serra Ferdinandea Bianco 2021 prodotto dall’azienda, in un binomio perfetto che ne esalta le caratteristiche.
Composto dal 50 per cento di Grillo fermentato in acciaio e 50 per cento di Sauvignon Blanc in legno, come da intenzioni iniziali di unire il vitigno locale per eccellenza con quello francese, ha un naso non estremamente incisivo, ma nella sua linearità è molto elegante. La vendemmia del Sauvignon leggermente anticipata restituisce una parte aromatica di leggero erbaceo ben integrata con la parte floreale, e in bocca è molto sapido. È un vino intenso e molto persistente, che esprime i suoi caratteri con finezza impiantati su una struttura ben definita.
Il trucco in cucina, il giusto vino nel bicchiere
Le materie prime sono importanti, ma anche la capacità di trasformarle ha un suo perché. E così delle “semplici” melanzane fritte diventano una sorpresa che crea dipendenza. Poi le signore che si occupano della cucina organizzata dall’azienda spiegano la loro ricetta, ma possibile che sa così semplice, visto i risultati?
Le melanzane rotonde vengono tagliate con 1 cm circa di spessore, poi passate nella farina e in seguito nell’uovo e chiuse da una sottile panatura. L’effetto è una croccantezza esterna deliziosa ma il morso rivela la morbidezza interna della melanzana. E accetta anche il sorso del Serra Ferdinandea Rosso 2021 prodotto da Nero d’Avola e Syrah nelle stesse proporzioni, nel quale si ritrova il medesimo carattere degli altri vini, quello dell’eleganza e della verticalità. È un vino che esprime la freschezza e il sale della terra, nonostante i suoi 14 gradi dichiarati, che esalta profumi di eucalipto e di sottobosco tipici dell’altopiano, si estende su note scure e di grafite che danno intensità, ma non per questo pesantezza, ad un gusto intenso ed elegante, tenuto dal tannino molto fine del Nero d’Avola.
Entusiasmo, l’ultimo ingrediente
Serra Ferdinandea è un’azienda giovane, quindi ancora in via di definizione, gestita da professionisti estremamente giovani anch’essi -l’età media di chi si occupa dell’azienda non arriva nemmeno ai trent’anni- e questa freschezza e questo entusiasmo si percepiscono nell’aria, nell’approccio rispettoso e quasi ossequioso verso la natura, nell’orgoglio di ambienti di accoglienza completati con arredo di riciclo, nei cibi semplici che offrono, e nei vini stessi, che nella giovinezza hanno già una loro personalità, e dei quali si intravede il potenziale di una qualità molto alta che arriverà presto. Qui si vive un profondo rispetto della natura e di cose semplici ma non con la nostalgia del passato, quanto piuttosto di un vivere l’oggi come impostazione del futuro, per difendere e valorizzare il proprio territorio. Un valore di Sicilia, ma un valore per tutti.
Giornalista, Sommelier, ha lavorato al Gambero Rosso per oltre 10 anni come giornalista, degustatrice per la Guida ai Vini d’Italia, autore e regista dei servizi televisivi per il Gambero Rosso Channel, autore di libri su vino, cucina e turismo. Ha partecipato al progetto di rilancio del brand Franciacorta e nel 2006 ha fondato Vinotype, un’agenzia di comunicazione specializzata per le Aziende vitivinicole. Nel 2010 ha lanciato il magazine on line Vinotype.it.