Agnolotti del plin e Dolcetto d’Alba: raffinatezza di Langa

agnolotti del plin

Il match da tavolo Agnolotti del plin – Dolcetto d’Alba è di quelli che non ti fa alzare dalle sediole delle osterie langarole senza aver prima chiesto un bis e aver sospettato che la bottiglia di Dolcetto fosse veramente bucata.

Quando gli ordini gli Agnolotti del plin, l’oste di Langa ti elargisce un sorriso ben più generoso di quello con cui ti ha accolto, a volte anche un po’ beffardo: “eh eh, ora ti sistemo io!”, sembra dire, consapevole com’è della bravura delle sfogline che nasconde gelosamente in cucina, e della bontà delle paste che riescono a farcire con carne tritata di fassona, maiale e coniglio – la tradizione vuole che fosse il meglio degli avanzi che le donne si ritrovano in casa-,  aromatizzate con trito di carote, cipolle e sedano, rosmarino e salvia.

I segreti della preparazione del ripieno e della sfoglia per la confezione degli Agnolotti del plin, e della tecnica delicata del “pizzicotto” per sigillarli uno ad uno, saranno meglio appresi se il racconto della sfoglina di turno ti coglierà mentre te ne sciogli uno in bocca, con la complicità di un sorso di Dolcetto.

Varie sono le scuole di pensiero per il condimento più tradizionale: una più gaudente prevede il sugo di carne d’arrosto, l’altra più essenziale predilige burro e salvia senza nemmeno grana o parmigiano; in mezzo varie alternative, dal ragù di carne piemontese al brodo di carne. In ogni caso tutte queste ricette sono inserite nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Italiani, stilato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

Loro degno e stimato compagno d’avventura, il Dolcetto d’Alba, che regge il passo con tutte le salse, è il caso di dirlo! Il Dolcetto d’Alba è il vino piemontese per eccellenza, tutelato dalla Doc già a partire dal 1974. Rispettando tale disciplinare anche la famiglia Boffa di Amalia Cascina in Langa produce Dolcetto d’Alba sin da quando si stabilì a Monforte d’Alba.

Il Dolcetto ha un ruolo affettivo importante per i componenti della famiglia Boffa. Le vigne di dolcetto erano infatti già presenti tutt’attorno alla Cascina Amalia, quando arrivarono in località Sant’Anna. Le viti di dolcetto sono oggi coltivate nel vigneto Sant’Anna su una superficie di 2,7 ettari. Le sue uve vengono raccolte manualmente, selezionate dai ceppi di circa venti anni di età allevati a guyot e impiantati su terreni argillosi e calcarei. Il vigneto, posto ad un’altitudine di 450 metri sul livello del mare, è esposto prevalentemente ad ovest ed è ben ventilato. Praticamente uguale a zero il percorso delle uve verso la cantina in cui vengono trasferite per la vinificazione: il filare più vicino è a meno di 10 metri.  Dopo una macerazione di almeno 6 giorni il vino svolge la fermentazione malolattica e una maturazione in acciaio inox per circa 8 mesi; segue un breve periodo di affinamento in bottiglia prima della commercializzazione.

Le particolari caratteristiche pedoclimatiche e di giacitura delle vigne nella zona di Sant’Anna a Monforte d’Alba conferiscono al Dolcetto di Amalia una complessità e una struttura più decise che in altre zone, lasciando comunque evidenti la dotazione fruttata e la godibilità del vitigno, soprattutto attraverso una meticolosa gestione del frutto in vigna e in cantina da parte dei Boffa.

Tra le tante varianti della ricetta consigliamo di dare un’occhiata a quella riportata qui.

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Giornalista, Sommelier, ha lavorato al Gambero Rosso per oltre 10 anni come giornalista, degustatrice per la Guida ai Vini d’Italia, autore e regista dei servizi televisivi per il Gambero Rosso Channel, autore di libri su vino, cucina e turismo. Ha partecipato al progetto di rilancio del brand Franciacorta e nel 2006 ha fondato Vinotype, un’agenzia di comunicazione specializzata per le Aziende vitivinicole. Nel 2010 ha lanciato il magazine on line Vinotype.it.

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